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Ma non basta la Marsigliese all’amatriciana

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Sì, va bene la Marsigliese prima del fischio d’inizio su tutti campi della serie A, ripresa dopo la pausa per le Nazionali, benché qualcuno rilevi che i morti dell’aereo russo e quelli del Mali non contino meno. Ma chi può dire davvero dove finisca la solidarietà e dove cominci la superficiale liturgia della retorica, negli stadi e negli studi tv? A Verona per esempio dove giocava il Napoli dopo l’inno francese sono arrivati i soliti insulti degradanti verso i napoletani, quasi a dirci che per i morti di Parigi s’era fatta soltanto una pausa… E davanti alle telecamere ha trionfato il solito melenso birignao che mischiava un po’ tutto ammiccando senza requie, ci fossero conduttori in forma o conduttrici incinte: è probabile (eufemismo) che la merce-spettacolo sportivo, come ormai tutto il resto di mediatico che ci invade la vita, sia diventata un qualcosa di informe, che appallotta tutto come una slavina, dolore e tifo, buoni sentimenti e maleducazione midollare. Del resto a parte il black out di Bruxelles, la notizia d’ordine pubblico pallonaro viene da Atene, dove non s’è giocato il derby non per i postumi di Parigi bensì perché come al solito i teppisti se le davano di santa ragione e ferivano poliziotti in un clima di guerriglia.

C’è dunque una scala: la normale partita in mano agli ultras senza incidenti, quella segnata o sconvolta dai medesimi, il calcio come palcoscenico possibile per il terrorismo. E noi immersi in questa quotidianità, attuale o potenziale. Si è giocato dunque dappertutto in Europa, con pochi problemi, molta più attenzione e controlli, e forse una disposizione d’animo diversa da parte di una fascia di pubblico costretta alla consapevolezza del pericolo in un più vasto contesto di responsabilità ed interessi.

Per esempio, tra questi ultimi prevale come sempre il far disputare le partite a tutti i costi: è successo sabato a Bologna, dove il rinomato Rocchi (per guai con la giustizia sportiva e per i tifosi romanisti per l’ultimo Juventus-Roma di un anno fa) ha fatto giocare su un campo impraticabile rischiosissimo. Non c’era bisogno dell’Isis per rompersi qualcosa nella piscina impantanata del Dall’Ara (tra l’altro l’unico Salah di cui disponiamo in Italia è infortunato…), bastava avere un minimo di malasorte. Ma l’arbitro evidentemente pilotato ha fatto giocare lo stesso, il calendario essendo assai stretto, e non contento ha leggermente juventinizzato la Roma con un gol buono annullato al Bologna e un rigore assai dubbio – il secondo – concesso alla squadra di Garcia, che non ha vinto comunque per sua immaturità. Così in cima alla classifica, movimentata come sta succedendo in Premier League per l’anno no del Chelsea, è risalito il Napoli alla faccia dei cori di cui sopra, apparentemente l’organico più quadrato come candidato allo scudetto.

La Fiorentina più brutta della stagione per un tempo evita di perdere in casa ma frena comunque, per la banale ragione che il turno over in virtù delle Coppe si può (e si deve) fare ma se hai una rosa all’altezza. Con l’acerbo e temo scapato Rebic e con il mezzosangue Suarez non si vincono le partite ostiche. Quindi Firenze sogna e segna, ma prende pure delle scoppole non piccole. Cercasi due o tre innesti in gennaio, perché uno bravo come Sousa se li merita. Nel frattempo la Juve risale, e tra un po’ metterà perfino ansia in chi sta davanti: mancano troppi punti perché le quattro di testa si sentano tranquille. Si segnalano nuovi/vecchi arrivi sulle panchine di Sampdoria e Palermo: entrambi, Montella e Ballardini, un punto in tutto ieri, non si sono astenuti dal proclamare che “hanno trovato un gruppo sano”, benché legato ai predecessori Zenga e Iachini. Mi sembrano le interviste ai vicini di casa di un fattaccio di sangue: è tutto un “sembrava un ragazzo così perbene”,”chi avrebbe potuto immaginare” ecc. ecc.

Mi domando se ci siano in giro “gruppi malati” da curare, in un calcio che davvero non ha bisogno della spada/kalashnikov di Damocle dell’Isis per entrare in sofferenza. Il grado di preoccupazione se non proprio il timore del momento dovrebbero essere viatico per riorganizzare il Mondo Rotondo su basi più logiche e più civili, avvicinandolo allo spettacolo per tutti invece che esaltarne l’aspetto parabellico o a volte addirittura bellico. Ma finché peserà tanto la dimensione televisiva con i suoi diritti e i suoi scandali (cfr. l’inchiesta su Infront e la finanziaria svizzera), la vedo brutta e tarata anche se per l’occasione con la colonna sonora della Marsigliese.

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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